Il problema dell'approvvigionamento idrico nella città di Pompei fu risolto con diversi mezzi.
Inizialmente l'acqua piovana era raccolta nei bacini posti nei giardini o attraverso l'impluvium delle domus private. Nei periodi di siccità si utilizzava anche l'acqua dei pozzi pubblici scavati nel banco di lava e tufo, che raggiungevano la falda freatica sottostante alla profondità di oltre 30m. In totale sono stati rinvenuti 5 pozzi per il cui funzionamento preciso è possibile solo fare supposizioni. Probabilmente una ruota idraulica, azionata a mano o con l'aiuto di animali, rappresentava il sistema di raccolta.
Il sistema di approvvigionamento idrico venne potenziato con la costruzione dell'acquedotto ad opera dell'Imperatore Augusto. Questa grandiosa opera di ingegneria idraulica era alimentata dalle sorgenti di Serino, in Irpinia, e portava acqua abbondante ai principali centri della Campania, attraversando con condotti sotterranei, ponti e canali, tutta la pianura che comprendeva Sarno, Palma Campania, Napoli, e Pozzuoli, fino alla famosa Piscina Mirabilis di Capo Miseno.
Da Palma Campania un ramo dell'acquedotto giungeva fino a Pompei nei pressi della Porta Vesuvio dove fu edificato il Castellum Acquae, un collettore che ripartiva l'acqua in tre direzioni per alimentare vari punti della città. Era un edificio di forma quadrangolare in opera laterizia con l'entrata sul lato orientale. All'interno, illuminato da due feritoie, si trovano un bacino circolare ed un canale al di sopra dei quali è ancora visibile un affresco con una divinità fluviale e tre ninfe, a ricordare la natura sacra dei corsi d'acqua. Un sistema di saracinesche limitava la pressione dell'acqua prima di convogliarla nelle diverse direzioni attraverso i tubi della conduttura.
Non è chiaro se l'acquedotto fosse in funzione all'epoca dell'eruzione. Forse era stato messo fuori uso per i danni subiti dal terremoto del 62 d. C., come documentato da un bassorilievo del larario della casa di L. Caecilius Secundus in cui compare il Castellum Acquae lesionato. Mentre, l'assenza di tubazione potrebbe addursi ad uno spoglio successivo.
Nella città erano dislocati anche altri castella, in genere ai quadrivi, di dimensioni minori. Essi erano costituiti, in genere, da alti pilastri in muratura con all'interno una fistula che portava l'acqua in cima e la distribuiva, attraverso fistule più piccole, alle terme, alle abitazioni più ricche e alle fontane pubbliche. Le fontane erano composte da un bacino quadrangolare formato da quattro grandi ortostati di pietra su i cui bordi si trovano, spesso, le tracce lasciate dalla corrosione prodotta dalle anfore, e un cippo ornato con sculture o bassorilievi raffiguranti, in genere, delle divinità.
Le tubature erano in piombo, correvano sotto i marciapiedi e sono ancora oggi visibili in vari punti delle antiche città vesuviane. L'utilizzo del piombo era diffusissimo in epoca romana, ma si ignorava quanto fosse nocivo per la salute. I più esposti all’intossicazione erano i più ricchi, che si calcola assorbissero circa 250 mg di piombo al giorno. Infatti, lo si usava anche per addolcire il vino, nella composizione dei cosmetici e per costruire vasellame e pentole.