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Ercolano



La piccola città italica con piano regolatore di tipo ippodameo (da  Ippodamo da Mileto urbanista greco del VI secolo a.C.), con strade incrociate ad angolo retto. Situata ai piedi del Vesuvio, a picco sul mare, distava appena quattro miglia da Neapolis.

Dionigi di Alicarnasso attribuisce la fondazione della città ad Eracle, di ritorno dall'Iberia, mentre Strabone la ritiene una città dalle origini osche, in seguito occupata dagli Etruschi, dai Pelasgi e poi dai Sanniti.

Intorno al IV sec. a. C. doveva far parte della lega nucerina entrando definitivamente nella sfera di influenza romana. Assalita e conquistata da Silla nell'89 a. C. divenne un municipium sotto il potere di Roma. Fu luogo preferito di benestanti e colti romani grazie al clima favorevole e alle naturali bellezze paesaggistiche. Le dimensioni della città erano piuttosto modeste, è stato ipotizzato che la superficie complessiva racchiusa dalle mura fosse di circa 20 ettari, per una popolazione di circa 4000 abitanti. Già danneggiata dal terremoto del 62 d. C. subì la violenta eruzione del Vesuvio del 79 d. C., a causa della quale fu ricoperta completamente da un'ingente massa di fango, materiali piroclastici, trascinati dall'acqua piovana che crearono uno strato compatto di circa 15-30 metri.

Dell'antica Herculaneum, su cui si era sviluppata la città di Resina, si perse nel tempo l'esatta posizione topografica, ma nel XVIII sec. vennero accidentalmente alla luce dei reperti di epoca romana, precisamente del teatro della città di Herculaneum. Della scoperta fu informato Emanuel-Maurice di Lorena, principe d'Elboeuf, al comando delle armate austriache, impegnato nella costruzione della sua villa nei pressi del porto di Portici, che condusse i primi scavi a sue spese. Solo nel 1738 cominciò una campagna di scavi sistematica, per volere di Carlo III di Borbone, e sotto la direzione di Rocque Joaquin de Alcubierre, ingegnere e archeologo a capo del Genio Militare. Fu allora che, grazie al ritrovamento di un'iscrizione, si identificò quel sito come l'antica Ercolano.

La tecnica di scavo comprendeva una serie di cunicoli che, una volta recuperati gli oggetti di pregio, venivano ricoperti non prima di aver effettuato una  documentazione grafica degli ambienti in cui ci si imbatteva. Questi pioneristici lavori sono considerati a giusta ragione i primi veri scavi archeologici della storia, che stimoleranno la imminente nascita della scienza archeologica.

La scoperta nel 1750 della Villa dei Papiri portò un'attenzione maggiore agli scavi di Ercolano che furono seguiti dall'ingegnere militare svizzero Karl Weber seguito, nel 1764, da Francesco La Vega, altro ingegnere militare. Nel 1780 i lavori furono interrotti a favore di Pompei sopratutto per la condizione meno faticosa di scavi dettata dalle diverse condizioni di seppellimento vulcanico. La tecnica dei cunicoli sotterranei e dei pozzi di discesa si interruppe nel 1828, quando furono autorizzati gli scavi "a cielo aperto" eseguiti fino al 1875. Dopo una lunghissima interruzione, i lavori furono ripresi nel 1927 da Amedeo Maiuri, che li condusse fino al 1958, ma già nel 1942 quasi tutta l'area che costituisce l'attuale parco archeologico era stata riportata alla luce e contestualmente restaurata e coperta.  Fra il 1960 e il 1969 ulteriori lavori furono condotti nel settore settentrionale dell'Insula VI e lungo il decumano massimo, mentre negli ultimi venti anni del secolo scorso si esplorò l'antica spiaggia, coincidente con la fascia più meridionale dell'area archeologica. In questa zona sono stati riportati alla luce dodici ambienti con ingresso ad arco, ricoveri per barche e magazzini, dove avevano cercato riparo molti abitanti di Ercolano in fuga dall'eruzione.

Fra gli edifici degli scavi va ricordato il Teatro, a circa 26 metri di profondità, capace di contenere 3.000 spettatori su 10 file di gradini; nobili e lussuose ville sopratutto del quartiere meridionale, si affacciavano con le loro terrazze sulla marina verso l'ampia veduta del golfo di Napoli, tra queste la casa dei Cervi, con il suo luminoso giardino e le ampie sale ancora ricoperte di pavimenti di marmi policromi. Tra gli edifici pubblici è da ricordare il Tempio degli Augustali, che presenta mosaici in opus sectile e pareti dipinte in IV stile.

L’area scavata della città raggiunge i 5 ettari, contro i 40 di Pompei, finora sono stati messi in luce due decumani e tre cardini, ma è presumibile l’esistenza di almeno altri due cardini e di un altro decumano; le strade sono pavimentate in lava basaltica, rifacimento risalente al periodo augusteo e, a differenza di Pompei, appaiono poco consumate dalle ruote dei carri, probabilmente a causa dell’agibilità limitata per i passaggi angusti e ripidi in discesa verso il mare.

Gli edifici messi in luce ad Ercolano documentano una varietà di tipi e soluzioni architettoniche di gran lunga più ampia rispetto a quella offerta dalle case pompeiane, perché le circostanze particolari del suo seppellimento hanno costituito per secoli la migliore difesa sia contro gli agenti atmosferici che contro gli scavatori clandestini, da ciò dipende anche la conservazione intatta di elementi lignei, cibi, stoffe, che ci offrono una visione unica della vita privata antica.

 




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